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gestione separata e professionisti: è dovuta la contribuzione?
I commi 11 e 12 dell'art. 18 del D.L. n. 99 del
2011 hanno disciplinato i rapporti previdenziali tra la gestione
separata, i professionisti e la previdenza di categoria.
La logica che
ha probabilmente ispirato il legislatore è stata quella di eliminare
ogni spazio di esonero contributivo, accentuando la vocazione residuale
della gestione separata INPS che, sin dalla sua origine, ha riguardato
tutte quelle attività che risultavano prive di copertura previdenziale.
Nella gestione separata, infatti, confluiscono attività di natura
diversa accomunate dall'assenza di una diversa forma previdenziale di
riferimento e concretamente operativa.
Sono obbligati ad iscriversi e a
contribuire alla gestione:
i collaboratori occasionali e continuativi
i
lavoratori autonomi che percepiscano compensi annui superiori ad euro
5000,00
i venditori porta a porta che percepiscano compensi superiori a
Euro 6.410,26
Sono altresì soggetti a contribuzione presso la gestione
separata i compensi percepiti come amministratori di società commerciali
a responsabilità limitata e gli associati in partecipazione che
apportino solo lavoro, salvo che il reddito non sia fiscalmente
qualificabile come reddito da capitale (apporto di lavoro e capitale)
oppure come reddito di impresa (lavoro prestato da imprenditore
commerciale) ovvero come reddito porofessionale (apporto lavorativo di
professionista iscritto ad albo e soggetto alla previdenza di
categoria).
A seguito dell'entrata in vigore dei richiamati commi 11 e 12 dell'art. 18 del D.L. n. 99 del 2011, sono stati tracciati i confini tra la gestione separata e le casse di previdenza di categoria in relazione ad attività di lavoro svolte dagli iscritti ad albo professionale.
In primo luogo, il comma 12 dell'art. 18 del D.L. n. 99 del 2011,
sembrerebbe aver definitivamente chiarito che solo le attività il cui
esercizio è subordinato all'iscrizione ad albo professionale sono
soggette alla previdenza di categoria in quanto le altre sono soggette a
contribuzione presso la gestione separata INPS. L'interpretazione
autentica del comma 26 della L. n. 335 del 1995, contenuta nel comma 12
del D.L. n. 99 del 2011, dovrebbe risolvere defintivamente il
contenzioso aperto da Inarcassa con i professionisti che, in relazione
ad attività non riservate, avevano provveduto ad iscriversi alla
gestione separata ricevendo successive comunicazioni di iscrizioni
d'ufficio da parte di Inarcassa (con richieste di trasferimento
contributi alla gestione separata) sulla base dell'argomento (ora
normativamente confutato) secondo cui l'iscrizione all'ente categoriale
sarebbe dovuta non solo in relazione ad attività di natura riservata ma
anche in relazione ad attività non riservata per il cui svolgimento il
patrimonio culturale ingegneristico costituisca un valore aggiunto.
La
norma stabilisce chiaramente come dovuta la contribuzione alla gestione
separata in relazione ad attività il cui svolgimento non sia subordinato
all'iscrizione ad albo professionale, il che dovrebbe condurre ad
escludere l'obbligo di contribuzione, in relazione alla medesima
attività, all'ente categoriale.
Il medesimo comma 12 stabilisce poi l'obbligo di contribuire alla
gestione separata con riferimento ad attività, pur riservate, in
relazione alla quale non vi sia l'obbligo di contribuire all'ente di
previdenza di categoria. La norma non chiarisce il tipo di contribuzione
all'ente categoriale che è idoneo ad escludere l'obbligo di contribuire
alla gestione separata e l'INPS si è afferattata ad "interpretare la
norma di interpretazione autentica" dilatandone al massimo gli spazi
operativi.
Secondo quanto precisato dalla circolare n 99 del 2011,
infatti, il fatto di versare all'ente di previdenza di categoria
contributi integrativi o contributi di solidarietà, non correlati alla
futura percezione di un trattamento pensionistico, non esclude l'obbligo
di versare la contribuzione alla gestione separata. Naturalmente
l'interpretazione contenuta nella circolare non costituisce una fonte
normativa primaria ma solo l'unilaterale interpretazione della norma di
legge e non sembra essere l'unica possibile, specie considerando che il
comma precedente del medesimo decreto ha fatto esplicito riferimento al
contributo soggettivo, sicchè l'omessa precisazione della natura del
contributo nel comma successivo potrebbe significare l'inclusione di
tutti i tipi di contribuzione previsti nella previdenza categoriale.
Se
così fosse, sarebbero obbligati a contribuire alla gestione separata
soltanto quei professionisti che svolgano attività per la quale nessun
tipo di contribuzione sia dovuta all'ente previdenziale di categoria.
Il dato certo, al momento, è solo quello che la gestione separata
ritiene dovuta, ed operativamente si comporta di conseguenza, la
contribuzione con riferimento a tutte e attività che risultino escluse
dall'obbligo di versamento della contribuzione soggettiva (o comunque
della contribuzione destinata alla futura percezione di un trattamento
pensionistico).
Il comma 12 dell'art. 18 del D.L. n. 99 del 2011 ha, invece, stabilito
l'obbligo per le casse di categoria di sottoporre a contribuzione
soggettiva, nella misura deliberata per via regolamentare, i redditi
prodotti dai professionisti dopo il pensionamento. Tale norma ha,
altresì previsto che l'omessa previsione regolamentare nel termine di
sei mesi dell'obbligo di versare il contributo soggettivo determina
l'espansione della norma residuale contenuta nel medesimo comma 12
secondo cui tale contribuzione è dovuta nella misura del 50% della
contribuzione previdenziale ordinariamente dovuta all'ente di previdenza
categoriale.
Nulla invece stabilisce la norma in merito agli effetti pensionistici di tale ulteriore obbligo contributivo.
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